MANZ. 16. 0205 [Postillato] Milano, Biblioteca Nazionale Braidense
>Ma< Che sappia meglio la lingua chi ci ha fatto più studio, nessuno può dubitarne; ma non è la questione: La questione è se l'impari dagli scrittori.
Non è possibile >dare un senso qualunque alle parole <i>toscana cittadinanza</i>< intendere che mai voglia dir qui l'autore con queste parole: <i>toscana cittadinanza</i>.
Questo senso non lo ha (credo) che congiunto con <i>quello</i>; es.° in cui quello ha forza di ciò: Caro, lett. al Varchi, 10 xbre, 1534. t. 3, pag. 66: M. Antonio sta, a quel ch'egli era, come un paladino.
Bern. Or. In. I.7.38. Il popolazzo fugge in abbandono, Sempre a le spalle i saracin gli sono. - <i>In abbandono</i> qui par che vaglia: senza ritegno, senza ordine - abbandonatamente.
Abbassato §. I. Bisc. not. Malm. 3. 44. >...< Si usa dire, il tale è accacchiato, per intendere ch'egli sia <i>abbassato</i> e rifinito, o nella sanità, o nella roba.
Bocc. Giorn. 4.ª Nov. 1. Trovando le finestre della camera chiuse, e le cortine del letto abbattute.
Altro significato di Abbellire. Mach. Belf. e fatte sue cerimonie, per abbellire la cosa. - Equivale a Dar colore, e in milanese dar colore alle polpette.
Not. Fier. pag. 437. Io per me amerei il vino abboccato, cioè con un poco di vena di dolce; non dolce smaccato. - >... ...<
A buon'ora, rel. a tempo del suggetto. V. A buon'otta, Pass. e: Salv. P. T. 114. (141) per non dire del vantaggio segnalato . . . dell'imparare a conoscere a buon'ora belli esempli, e modelli etc.
Acchiappare per colpire. Malm. 7. 71. Ed il suo cane acchiappa in sulla testa. Modo pure lombardo. E per pigliare semplicemente. Magal. lett. fam. P. I, lett. 14. pag. 224. . . . quello schiavo che il duca di Guisa raccontava per barzelletta d'aver veduto sulle galere di Francia, che si acchiappava pel ciuffetto, e si sollevava così da sè quattro braccia da terra.
Fir. As. Cl. 76: con assai benigna fronte accompagnai i gentiluomini, che già partir volevano, sin fuori dell'uscio.
Se non c'è altri esempi, mi pare che in questi, il mi e il si, significhino <i>me</i> e <i>sè</i>, la <i>mia la sua persona</i>
>Accorrere per occorrere; errore di copista, o errore di lettura: ad ogni modo non lingua: la ragione è evidente ed applicabile a tutti i casi simili<
Andarsene in acqua. Salv. not. Fier. p. 436. col. I. Noi dichiamo d'un che suda forte: andarsene in acqua - milanese: esser tutto in un'acqua.
Acqua, per fiume, torrente o sim. si adopera nel dial. mse. Si adopera egli anche in toscano? >Verificare< Sì. Acquetta dim. in questo senso si trova qui sotto.
Acquartierato. Segn. Incred. p. II.ª C. 16. R. 18. soldatesche, non dirò combattenti, ma acquartierate.
Acquistare una persona vale cattivarsela, conciliarsene la benevolenza - Caro lett. a M. B. Spina, 20 Ag. 1544. mi sono cacciato tra loro, (lanzi) e non sapendo il lor linguaggio, coi gesti e col bere ho fatto tanto del buon compagno che me gli ho tutti acquistati. - Gagner, e in un certo senso apprivoiser.
>...< Caro, lett. a F. Salviati Pittore, 29. feb. 1544. Voi sapete che i signori non s'intendono gran fatto dell'arte vostra, e che per l'ordinario le loro voglie son molto acute. E per questo talvolta si pensano che l'opere si facciano così facilmente come si desiderano.
Addormentare §. IV. A quelli che vennero in piazza, i signori, per addormentarli, dierono per capi messer Rinaldo Gianfigliazzi e messer Donato Acciaioli, come uomini, de' popolani, alla plebe, più che altri accetti. Mach. Ist. Lib. 3.° T. 3. pag. 259.
Vale anche avere in custodia, e doverne poi dar conto. Cecchi Dissim. 3.° 5.ª O ringraziato sia Dio, che la non mi rimarrà addosso (una figlia del padrone).
Non volerla addosso. Malm. 5. 41. D'esser corriere già negar non posso. . . . Ma quanto al Ghetto non la voglio addosso. Non la voglio sopportare. Si dice anche: Non la voglio in sul giubbone. Min. Addosso qui è nel senso generale accennato al §. II., e di cui il III.° è un'applicazione specifica, e il v.° una ancor >più< analoga al <i>volerla addosso.</i>
Qui, esser eguale, l'<i>égaler</i> dei francesi. Significato che vuol esser distinto.
Aderenza >...< corrispettivo di clientela, mi sembra voce dell'uso: e l'<i>aderente</i> che precede me lo persuade di più.
A diritto ed a traverso. Bern. Orl. Inn. 1. 4. 66. Tira travi a diritto ed a traverso.
Al tempo che queste Vite furono scritte v'era nella lingua assai confusione nei termini anche significanti idee importantissime come questa è: ora grazie al Cielo le cose della lingua sono più distinte ed ordinate, e questo Sig.^r V. ci vorrebbe ritornare all'antica confusione. Bel disegno in vero.
met: Fino che da tersi e regolati Scrittori non saranno .... nelle loro composizioni adottati. (parla di vocaboli) Prefaz. al Voc. pag. XVII. di questa ediz.
Caro, lett. a M. J. Corrado, 24 9bre 1555: vi amo e vi stimo molto più ch'io non mi affido potervi mostrare con le parole.
Salviati, Oraz. ling, fior: facciam sì che s'accorgano cotestoro che, se noi siamo stati pazienti e agevoli per così lungo spazio, etc. Però, uno di quei vocaboli che adoperati già a due sensi, a poco a poco >non hanno più< si ristringono a un solo. Tendenza da secondare quanto si possa.
Caro, Farn. alla duch. d'Urb. 26. Lug.° 1550: .. e perchè intendo che sono oppressi di debiti e hanno sorelle da maritare: che in simil caso mi par convenevole qualche agevolezza e sgravamento.
E aggiusta lui, dicendo: assaggia questa. Malm. 2.° 41. >Il Minucci spiega questo aggiustare in senso di fare ad uno il suo devere, trattare uno come egli merita. Mi par però che qui valga: tor la mira<
Caro, lett. a M. Paolo Manuzio, 18 gen. 1556. Io ho fatto questo mestiero dello scrivere da molti anni in qua, come a dire, a giornate; essendo forzato >...< a fare più tosto molto che bene.
donde forse e senza forse, agognare. >Altro es.°< Es.° del 500. Varchi St. 15. t. 5. pag. 316. Ma l'agonia ch'egli aveva d'esser fatto cardinale.
Il Salvini appone al passo citato questa nota: Che non voglia dire <i>Arrotini</i>, dall'aguzzare e rendere acuto, i quali nel medesimo tempo menano piedi e mani. - Questa conghiettura è in aria affatto; forse la spiegazione vera si può trovare nel dialetto milanese: tanta è la fratellanza di questi volgari! <i>Sguggià. (agucchiare)</i> in milse si usa metaforicamente per lavorare di polso, di cuore, darvi dentro e sim. Dal contesto pare che qui <i>agucchiatore</i> abbia lo stesso significato. Da verificarsi in Firenze. Risp: non è più in uso.
>Lat. Stimulator, Stimulatrix, Plaut. Most. 1. 3. 47. Vix comprimor quin involem illi in oculos stimulatrici.<
Allappare, sensazione del palato, forse il <i>rappare</i> dei milanesi: il senso preciso da verificarsi in Firenze. Intanto un esempio: Magal. lett. Scient. 19.ª Ed. Clas. p. 331. Il sapore, un austero che dà nell'amarognolo, e che a prima giunta effettivamente allappa, con discrezione però, etc. N.B. In Firenze non si dice, e ha a esser romanesco.
Caro lett. al S.r Ber. Alberghetti 21 9bre 1558: E se l'ho da dire il vero, se ne sono veduti alcuni riscontri che n'hanno dato in parte sospizione, e fattone anco credenza: ma, per quanto io posso considerare, non hanno <i>allignato</i>. -Milanese: han minga taccàa, quasi: non hanno fatto presa, >appigliato, anche< anzi anche appigliato, allignato, che tanto val pure l'<i>attaccare</i> dei Milsi, parlando di piante.
il Lat. è fallato - In tutti questi esempi si accennano manifestatamente alloggiamenti militari. Tac. nel pmo dice iisdem hibernis tendentes. Nel sec.° in finibus suis agentem.
Allora come allora. Magal. lett. scient. 20, ed. clas. 320 ... abolita questa (lingua) non dovette, almeno così allora come allora nascerne alcuna nuova.
Salv. not. Tanc. pag. 543. Fa qui Cecco i suoi almanacchi di chi possa essere il damo della Tancia.
Far cascare una cosa da alto = vale magnificare il pregio o ingrandire la difficoltà di cosa che si conceda o si offra. Fag. Differ. 2. 14. E me l'ate fatta cascar da ailto = È anche dell'uso civile fiorentino, e questo esempio contadinesco non ne differisce che nella pronunzia. Mse: <i>fà vegnì giò</i> o <i>fà borlà giò del ciel</i>
In quest'ult.° es.° >vale< accenna futuro >negli<, <i>rursus, iterum</i> negli altri, passato, <i>olim</i>
Altra cosa; modo che significa superiorità, miglioranza: ed è usitatissimo anche in Lombardia. Salv. lett. 81, p. 3ª t. v. pros. fior.: siamo in una valle dove si vede l'aria per ispicchio ... Altra cosa è l'aria libera e franca delle colline, etc. Anche <i>altro</i> credo che abbia talvolta forza di migliorare in toscano: V. l'ult.° es.° del Petr.: altro amore, etc. Verificare.
Almeno nel sec.° es.° >vale< vale >lo stesso che< manifestatamente lo stesso che <i>a ufo</i>; nel qual senso è pure usitatissimo in Lombardia. Ecco un altro es.° di 500.ista toscano: com'egli intese d'avere a cenare a macca, n'ebbe più voglia di loro. Lasc. Cen. 3.ª nov. 10.ª V. Dare a macca, dove questo significato si nota. Ma voleva esser distinto con un §.
>L'amico si adopera ad accennare per< Amico, coll'articolo, s'adopera ad accennare persona della quale si è già parlato, o che facilmente >facilmente< possa essere intesa, ed è modo usatissimo anche in Lombardia. Sacch. nov. 153. Quanto più aspettavano l'amico, tanto più si dilungava. E nov. 167. E vedute più e più giunse a quella dell'amico. Malm. 10. 41. e si comincia il giuoco, Al suon del qual l'amico comparisce. Buon. Fier. III.ª 5.° 1.ª L'amico ha fitto il capo in quegli argenti. Caro, lett. al Varch, t. 2. p. 85: Vedete se l'amico è per guarir dell'umore, quando procura infamia a sè stesso.
Ammazzare, si dice di cosa che rechi gran travaglio o fatica o sim: Pros. fior. 3.ª 1. lett. 65: Magliab: Quello dell'avermi a ridurre a badare alle cose di casa ... >è il minore< mi ammazza solamente a considerarlo.
Ammazzasette. Malm. 1. 27. Che l'usbergo incantato della diva L'ha fatta diventar l'ammazzasette. >usita< Parola popolare in Lombardia.
Amore dicono i pittori la diligenza e lo studio dilicato d'un lavoro = >Testo condotto con amore, o simile ho letto non so dove - Si può applicare alle altre arti.< Vasari Vita di Margheritone etc.
A naso. Bern. Orl. In. 1. 15. 29. E non vo' dir s'abbatte Il Conte quivi, anzi vi venne a naso. E, 1. 19. 39: Questo è quel traditore, a naso il sento. Vale: per leggieri indizii, quasi indovinando, e corrisponde al milanese: <i>a lume di naso</i>
Nell'uso volgare >...< di Lombardia, l'imperativo <i>va</i>, quando serva a comandare una azione, >..< soffre che il verbo indicante questa >e che dovrebbe dopo il segna< sia pur esso imperativo, quantunque preceduto dal segnacaso <i>a</i>. Questo idiotismo è pur toscano. Lasca, Pinzoch. 2.° 6.ª - Corri, vagli a dì ch'io son quaggiù. - Spiritata 1.° 1.ª Vanne, va, vatti a nascondi. Cecchi, Dissim. 2.° 5.ª Eh, vatti a impicca.
Al sostantivo, cosa, fatto, bisogna, si sostituisce anche comunemente il pronome, ella. Sacchetti nov. 98. Ella non >...< vuole andare a questo modo.
Andate a dire a Simone, tu fai male; e' metterebbe a romore il mondo. Cecchi, Dissim. 1. 1.ª
* >.< Intorno al caldo che sente a Roma non posso se non ricordarle il buon fresco che avemo di qua ... ma siamo molto mal forniti di melloni, dei quali dovete aver copia; e vada per ricompensa del caldo - Caro, farn., 15. lug. 1550. >Il milanese dice semplicemente: vada per, sia etc. etc.<
Altro es.° del Vada nel senso. * Varch. Erc. 1, 217. Il Cast ... dice pure nel suo Cort: che non si vuole obbligare a scriver toscanam.te: ma lombardo. V. Vada per quelli che scrivono lombardo, volendo scriver toscanamente.
Altro dal Davanzati, Postille al 4.° lib.° di Tac.° 43. Non credo errare ad aggiungere di mio ornamenti o forze a' concetti di Cornelio alcune volte. Vada per quando io lo peggioro.
Varch. Erc. 1. 108.: e faceva di ciò grande scalpore, come se ne fosse ito la vita e lo stato.
Andare per dover esser collocato che che sia in un luogo. Cell. Vita. p. 229. Quelle due <i>Vittorie</i> che andavano dagli angoli da canto nel mezzo tondo della porta. E Caro, lett. al card. S. Croce, 1551. E piacendo il secondo disegno, bisogna pensare a quattro altre statue che vi vanno di più.
<i>Andarci</i> far bisogno, convenire, etc. Malm. 5. 32. Non ci van cerimonie fra di noi. Salv. not. Fier. p. 439. Non però vuol dire che non si usi quella diligenza che ci va per debito nelle proprie incumbenze.
Andare col >con un< nome >di< di qualche professione, preceduto dalla particella <i>a</i>, vale: abbracciarla. V. Andare a prete
Andare congiunto col participio passivo equivale a <i>voler essere</i>, e indica convenienza: ed è modo usatissimo in Lombardia. Si può aver bisogno di tutti, e però tutti vanno stimati. Salvini Lett. Pros. Fior. t. 5. vol. 1. pag. 167. E Malm. 5. 32. Questi farà il mestier come va fatto. V. >questo< il Voc. a Fare come va fatto.
Agg. a nome di vestito colla preposizione <i>In</i> vale portare quel tal vestito. V. Andare in gorgiera. V. anche Andar nudo §. III.
Va a dire, modo >...< che ha forza di negare. Malm. 4. 23. Va a dir che qui si trovi pane e vino. Va a dire: è vanità il credere che ... S'inganna chi crede etc. Min.
Ambr. Bern. 3.° 7.ª andate adagio a credere. Varchi. Erc. 1, 67: vo adagio a credere che etc.
Andare a seconda. §. figur. Lat: succedere sub manus Plaut. Mil. glor. IV. 4. 8. et alibi passim.
Magal. lett. fam. par. II. pag. 309: una condotta che, ad andargli le cose bene, anzi a potersi sperare ch' >...< elle gli andassero bene, bisognava, etc. Ironicamente: Fir. Luc. 5. 6.ª e che sì che quest'aria ci farà impazzar tutti: se fanno così que' che ci vengono a studiare, la va bene.
>E anche per Va< Caro Lett. a Luca Martini 22. 9mbre 1539. Vassi dietro a trovar modo di assicurarlo di questo. Mil. Se va adrée a fà quel che se pò per etc.
Incumbere e sectari, due sensi affatto distinti, che domandano due §. L'esempio a piè di pagina >... ...< mostra benissimo l'uso di questa locuz. nel senso di attendere. Il pmo e il 3°. dei citati dal Voc. non paiono evidenti. il 2°. è chiaro per sectari. Eccone un altro del Bern. Orl. Inn. 1. 7. 1. Miseri voi ... che Andate dietro a ricchezze ed onori.
>Chi ha detto che sia metaf. e non senso naturale? Andava in >Portava la< gorgiera, come Basso della Penna <i>andava in zazzera e in cuffia.</i> Nov. 6.<
Nel secondo es.° l'uso della locuz. non è chiaro; nel 3° vale evidentemente: <i>precesse</i>; senso che richiede un §.
Buon. Fier. III. 4.° 9.ª E staffilate n'andavano in volta. - Il milanese in questo senso usa: girare; e andare attorno.
Andare in sinistro, equivale a un di presso ad: andar male. Caro, lett. al Sr. B. Rota 10 Mag.° 1560: V. S. ha da sapere che io corro un infortunio fatale in questa pratica dello scrivere, che molto spesso mi vanno le lettere in sinistro; e dove, e a chi più importa che io scriva, meno hanno ricapito.
Non è locuzione particolare; è il modo avverbiale <i>per disperato</i> posto con <i>andare</i> come si fa cogli altri verbi: anzi con andarsene.
Gell. Err. V. 3.ª Ma ora è che io ho bisogno dell'aiuto tuo, che dappoi che io son giunto presso a questo uscio, io mi sento tutto andar sossopra, e parmi che mi cominci a tremare il cuore in corpo; e pur bisogna, poi che l'uomo è qui, far buon animo.
Nota andar via la doglia, e: Andar via la voglia, Bern. Orl. Inn. 1. 4. 67. Tanto che a >quel< que' di fuor per la paura, Del combatter la voglia è ita via. Corrisponde al franc: passer l'envie.
Sull'andare. Magal. lett. fam. p. 1, lett. 20. pag. 336. Se lo spirito umano è materia ei non può esser altro che un fluido, un umore sull'andare del sangue, etc. - I milanesi dicono: Sul fare; Sul gusto.
Malm. 7. 50. Non per suo conto, ma d'un suo fratello, Del quale infino all'anima gl'incresce. - Si vuol notare che non si adopera che per significare grandezza, estremità di affezioni, ed anche di alcune affezioni.
Caro, lett. a M. L. Martini, 4 genn. 1538: più tempo fa, vi tengo buon animo addosso.
Posar l'animo. Cecchi Dissim. 1. 2.ª >io mi credetti ch'egli avesse posato l'animo< e quando a questi dì egli mi disse ch'era mezzo risoluto a voler pigliar donna, io ne presi un piacer de' maggior del mondo, perchè io mi credetti ch'egli avesse posato l'animo. Mse sodass = mett giò el coo = quietass.
Cecchi, Dissim. 4.° 3.ª Fed: .. io son rovinato. Sfa. Ah poco animo! Io racconcerò il tutto, non dubitate.
Sia col buon anno. Sacchetti, nov. 209. e il Voc. a Baccello §. È un modo di concedere condizionatamente; e quando si accenna una condizione assurda o falsa esprime una negativa. Equivale a un di presso al modo francese <i>à la bonne heure</i>.
Questo esempio del <i>Labirinto</i> dà alla voce un tutt'altro significato, che dovrebbe essere definito, ed è pari all'<i>annoverato</i> dell'ultimo esempio.
A noi, modo d'interiez. >per< usato per affrettare. Il voc. a Mano §. VIII. <i>Mano</i> assolutamente, vale lo stesso che A noi, Spedizione. Lat. eia, age.
in questo es.° appendice non vale altrimenti <i>aggiunta.</i> Così >.< <i>appendicetta</i> nei due es. ha due significati che vanno distinti.
Così di Michelangelo è caricatura quella che gli appettano di aver fatto una barbara notomia d'un uomo vivo, per fare un Crocifisso. Salvini Lett. Pros. Fior. t. 5. pag. 146. Fuor d'uso: apporre è l'usitato.
Caro, lett. al Ricuperato, 13 8bre 1560: me ne sono ritirato nel bosco, dove, appo il male che ho avuto, mi truovo benissimo.
>...< Fra gli es. di questo §. III. non ce n'è che mostri l'uso del verbo colle preposizioni >e di lettura dubbia< - Io m'apposi di chi aveva fatto il male. - Min. not. al passo cit. del Malm.
apporsi. Salv. P. T. Cic. 1. pag. 89. (110) Infino nel convito d'Epicuro ... si discorreva, apponetevi di che; della febbre. Franc. dévinez = je vous le donne en cent. Mse: >...< dite un po'.
<i>Con istrapazzo</i> è troppo: con maraviglia bensì >...< dell'affermare altrui, e con >...< quella forza particolare dell'ironia.
Appurare. Salvin. not. Fier. 381. col. 1. ricorrono al voc. della Cr. per appurare il significato della parola.
>Definizione malissimo espressa. Arbitrario in questi due es. significa: Secondo l'arbitrio, in opposizione alla idea sottintesa di: dovere, ragione, patti e sim. E questo significato il vocabolo lo mantiene tuttavia nell'uso.< Il Caro lo ha adoperato in senso di uomo che >...< la faccia da padrone in una cosa. Lett. alla S. C. Rangona, 26 Aple 1561: E questo ho fatto, perchè lo conosco arbitrario nell'amor di V.S, come se egli solo >.< fosse degno d'esser amato, o che ella non fosse amabilissima da chiunque la >..< vede, o la sente pur nominare.
Salv. not. al Malm. 3. 44. Nel viso pareva che ci fosse un poco d'aria stolida e animalesca. Fir. As. Cl. 99: io giudicai che fossero similmente ladroni, imperciocchè... oltre a ch'e' non avevano la miglior aria del mondo, vennero carichi d'oro e d'ariento etc.
Non esser buon'aria in un luogo, vale non esser sicuro lo starvi. Malm. 11. 26. Fugge la parte amica e la contraria Perchè quivi non è troppo buon'aria. Milanese: farvi caldo.
Questo <i>avere aria</i> per aver sembiante, dar segno e sim. >...< andato già in disuso almeno negli scritti, ci è ora tornato per via della lingua francese, ed è modo >è uno di quei modi< usitatissimo >Gell. Sp. V. I: avevano aria d'aver bisogno e la grazia ero lor presso<. Lasca. Spirit. 4.° 3.ª io gli ho bonissima fidanza... - Ed io veramente; ed hammi una buon'aria.
Cecchi, Dissim. 5.° 8.ª Mio padre, i' son mandato a voi ambasciadore di Federigo, il quale è qui in casa, nè s'arrischia di venir a parlarvi, vergognandosi del fallo suo...
Arrivare. §. VII. met. Salv. Pros. Tosc. Cic. 1. p. 84 (104.) Questa è una anacreontichina all'improvviso, che, nè Anacreonte, nè il dotto Regnier v'è arrivato.
Quest'esempio del Buonar. è manifestamente applicabile al §. come pure l'antecedente.
>... ...< Caro, lett. Farn. 1. 29. ... era ben che mi diceste il vostro parere, perchè ve ne passate nella vostra molto asciutto.
Pare inutile questo §. giacchè tutti i verbi attivi si possono >usare in modo pass< adoperar così passivamente. Piuttosto si vorrebbe >avere< indicare il senso traslato che è espresso in questi due esempii, e più distintamente nel secondo.
Caro, lett. a M. Luca Contile 15 xbre 1547: Il peggio che voi mi poteste dire, era ch'io facessi troppo a sicurtà con voi, o che fossi troppo trascurato trattenitor vostro. Ma che non vi sia buon amico etc. - Si scusa d'essere stato negligente a scrivergli: >e qui fare a sicurtà ha >...< il senso di >... ...<<
Asolare. Salv. not. Fier. 386. 2. Esalare, prender l'aria... che si dice anche Asolare, e andare >.< a pigliare un po' d'asolo.
È <i>creatura</i> che equivale, o è affine ad intrinseco, amico, e sim: <i>assai</i>, è qui manifestissimamente avv. e ha il suo senso ordinario.
Assaltare alla strada i viandanti. Vedilo ad Assassinare. È voce pur troppo solenne e necessaria.
Caro, lett. a M. Fabio Benvoglienti, 25 feb. 1548: Qui concorrono, come sapete, infiniti che cercano il medesimo: i tempi sono scarsi: i signori vanno assegnati, e fanno come una notomia de' servitori di momento, prima che li piglino.
In questo esempio credo valga propriamente sedersi, come nel dialetto Milanese; e così in quell'altro del Bocc. stesso: umile ne' più bassi luoghi tra le donne m'assettai. Fiamm. Ed. Parma, pag. 137
False definizioni di due voci. >che hanno un significato necessarie per un altro significato<
Non è che in lingua, cioè nel consenso dei parlanti assottigliare valga votare, >votare< asciugare; è qui adoperato in questo senso >senso< occasionalmente, e il senso gli è determinato dal contesto. >Che esempio!<
Astrattaggine, disposizione abituale all'astrazione del §: Magal, lett. fam. 1. 9. pag. 126. ... il mio cameriere che, cominciandomi io a lamentare d'un rasoio, se a lui pare in ogni modo che levi bene, va alla pettiniera, e promettendosi della mia astrattaggine, torna col medesimo, etc.
Questo: <i>a suo senno</i> è rimasto nel dial. mse (assossenn) col significato assoluto e >un po'< traslato da questo, di <i>assai, molto</i>: e credo che in un tal >sign< senso sia pure stato adoperato in Toscana, nel 300. V. il passo della nov. 4. gior. 8a. citato dalla Cr. a <i>Senno</i> nel significato proprio e più ovvio: guardando al contesto mi sembra che valga, non <i>a piacere, a voglia</i> del prestatore, ma assolutamente: <i>dimolto.</i>
Non è possibile indovinare il senso metaforico di >di questo< <i>attaccamento</i> in questo es. così staccato dal contesto.
Bern. Orl. In. 1. 18. 34. Orlando ed Agricane un'altra volta Hanno insieme attaccata la battaglia.
Attaccar lite. Segn. Crist. Istr. P.e I.a Rag.to 22. VII. Troverete alcuni che attaccherebbono lite con l'ombra loro medesima.
>V. a <i>Tanagliare</i>< V. a <i>Tanagliare</i> agg. di questa ediz.e un es.o del Segneri. Credo che questa sia la voce adoperata generalmente in ultimo, e perciò mi pare sia ella da conservarsi per l'uso storico, che giova sperare sarà ormai il solo di questo atroce vocabolo.
Non intendo quel <i>forse</i> con un <i>dinota.</i> O il vocabolo è usato, o fuori d'uso - Se usato, come gli accademici non ne conoscono il senso preciso? e chi potrà affermare dov'essi dubitano? O è fuori uso; il <i>forse</i> sta bene, perchè nessuno può sapere appuntino tutto ciò che un vocabolo ha potuto significare: ma in questo caso, perchè <i>dinota</i>? Forse che in fatto di lingua <i>dinota</i> e <i>dinotava</i> suonano lo stesso? Pur troppo molti la intendono così; ma è una delle cagioni per cui la lingua ital.a è quello che è, una trista eccezione.
Due sensi distinti: Stare in aspettazione, come nei 3. primi es.i. E Indugiare, Stare, >e sim< Differire e sim: come nel 4.o. >e in quello del Malesp. e de i due significati< Ha poi altre diverse gradazioni di senso e di forza che non è qui il luogo di notare - NB. Quella prima distinzione è notata in <i>Aspettare</i>, dove >ogni senso< i due significati hanno ciascuno un §.
>Altro senso< Senso traslato dell'es.o di Dante Inf. 3: <i>attende</i> ciascun uomo, cioè è preparata a etc. >Senso< Presso i francesi <i>attendre</i> è frequentatissimo in questo senso.
>Stimulator. Plaut. Most. 1. 3. 47. Vix comprimor quin involem illi oculos stimulatrici.<
I due ultimi es. di >.< attraversare §. sono il neutr. pass. del >sono il neutr. pass. del pmo articolo e i due primi a poprsi a traverso< <i>porre a traverso</i> >...< e andavano posti >dopo alt< nell'articolo preced. o a parte subito dopo. I due primi esprimono un altro significato: andare per mezzo, percorrere.-
Avanzarsi nel sesto di procedere semplicemente, di venire avanti V. Tenere all'erta.
>Avanzo in questo es. del Casa, non >vale< pare che valga acquisto, ma somma data a conto, >...< l'<i>avance</i> dei francesi, <i>anticipazione</i> dei milsi<
Fare un bell'avanzo, >in ironia< ironic. Lascia Arzigog. 3. 5. ho fatto un bell'avanzo! - Franc: j'ai fait là une belle spéculation! - Milse: ghe n'hoo caváa on bel piatt - hoo fáa on bel' noll.
Salv. not. Fier. pag. 458. <i>Ve n'ebbe alcun</i>, forma di dire in cui concorrono anche l'altre due lingue sorelle spagnuola e francese; ma male fanno quelli che dicono: <i>v'ebbero alcuni</i>; bisogna dire similmente: <i>vi ebbe alcuni</i>.
Avere a avere. Si usa per dinotare franchezza e burbanza di chi pretenda riparazione quando egli ha il torto, o simili - Bern. Orl. Inn. XX. 37. Vienne costui che par ch'egli abbia avere. Milanese: pare che venga moneta a lui.
§. Non aver che fare e a fare, due definiz. di due sensi diversi. Del pmo cercar qualche esempio. Il 2.° sarebbe forse più chiaro se si esprimesse l'idea d'inferiorità. Altro es.° Varchi, Erc. 1. 22: la risposta del Casto mi pare che abbia a fare poco o nulla con quella (l'Apologia). >Credo che valga essere [...] non solo idea di differenza, ma d'inferiorità.< Magal. lett. fam. p. 1. lett. 19. pag. 314. ... mi accorsi che a loro gusto ... il mio piccolo concerto non ebbe che fare a mille leghe col loro virtuoso.
Averla con una cosa, vale ripeterla, rinfrancescarla, tornarvi sopra e sim: Lasca Strega, prol. p. XIV. Tu l'hai con questa dottrina, e con quest'arte ...
Aver di bisogno usato attivamente: Lasca Arzigog. I.° 3. - farmi avere i danari ch'io ho di bisogno.
Non aver bisogno, in certi casi, ha forza di significare che quella cosa sia inutile, non vaglia. Fir. Luc. 4.° 1. i' non ho bisogno di queste tue vesciche. Cioè le tue ciarle non vagliono con me, non le gabello e sim.
Gelosia 3.° 10. Oh voi tremate? - Tu hai buon dir tu, che sei uso alle male notti e a' disagi.
Aver(ne) cagione. Caro, lett. al card. Farnese 14 9bre 1565: Io mi son doluto, e mi dorrò fin ch'io viva, della gran perdita che s'è fatta del rmo card. di S. Angelo; e V. S. III. può sapere se io n'ho cagione.
Sacch. nov. 159. Ebbono assai che fare di potere acchetare la moltitudine. Corrisponde appuntino al milanese: aver da fare. >e da dire< <i>Avoir bien de la peine.</i>
>Aver colpa: esempio fallito, perchè in esso questo modo ha forza< Caro Accad. Banchi: e gli altri che non ci hanno colpa.
Aversi cura. Fir Luc. 2. 3. abbiatevi cura; voi non conoscete ancor queste ribalde. - Modo vivente e usitato. V. <i>a Cura</i>, §. IV.
Berni, Cap. Aristot: Il qual Petrarca avea più del discreto >etc.< etc. etc. Nota l'imperfetto indicativo, >...< in vece dell'imperf. condizionale composto; che è maniera usitatissima anche in Lombardia.
Aver la sua. Salv. not. Tanc. p. 539: vattene, che tu hai avuto la tua, ci s'intende, <i>parte</i>.
Aver luogo, per sortire effetto, avvenire. Varch. stor. 2.° pag. 48: e di più alcune altre cose (risolute) le quali non avendo luogo sarebbe il raccontarle soverchio.
Si usa? come lo sapete? perchè il Cavalca l'ha usato una volta? E perchè l'ha usato <i>alla latina>? traducendo? È questa l'idea dell'Uso?
Aver paura, vale anche dubitare, essere anzi inclinato a credere; Salv. not. Fier. 417. <i>Barzelletta, io ho paura che non venga da farsa.</i> È maniera usitatiss.ma in Lombardia. >Un< C'è un verso del Berni (Orl. In. 1. 5. 53.) che par fatto apposta per ispecificare questa forza di <i>paura</i>: E posso aver certezza e non paura, Che raccontando quel che m'è accaduto, Il ver dirò, nè mi sarà creduto.
Augurio. Diciamo, buona pasqua etc. ed è ... augurio di felicità etc. V. il Voc. Buono §. XVII.
Nell'es.° di Dante ha un senso non identico al definito, e per cui si richiede un §. essendo traslato vivo nella lingua, e comune.
Avvertenza è tanto Avvertimento, quanto <i>Circumspectio</i> è <i>monitum</i>. E chi mi dicesse: quando vuoi scrivere in margine, abbi l'avvertenza di >prendere quello< non cominciar troppo in dentro, per non aver poi a mettere una lettera fuori di riga, mi darebbe un buon avvertimento.
Sacch. nov. 166. Io ti avvierò a un mio amico. Corrisponde all'<i>adresser</i> dei francesi.
Per continuare in una faccenda. Magalotti, lett. fam. 1. lett. 5.° p. 71. Questo vostro desiderio >mi par< di credere mi par simile a quello che mostrava un principe vissuto in questo secolo di salvare alcuni rei di gran qualità, de' quali egli aveva sottoscritto la sentenza di morte. Poveretti, poveretti, badava a dire ... che si vegga, che si studii se c'è modo di salvarli.
Cecch. incant. 3. 3.a Dacchè io sono nel ballo, i' vo' ballare. - Semm in ball, bisogna ballà. Ormai sono in ballo, vo' ballare. fior.
Malm. 5. 40. Van le parole a balzi e per istorno Prima che al segno voglian colpir bene.
Aver la barba, si dice di >cosa già nota< notizia già conosciuta da lungo tempo, che altri voglia spacciare per nuova. Magal. lett. scient. 19.a Ed. Class. p. 329. Scrivendo io per mero balocco a un padrone amorevole, quando anche me gli venga spacciata per una novità un'osservazione che abbia un palmo di barba, che importa? - Modo milanese.
Ora pare che barbatella si adoperi a significare il ramo senza radici >...<, la <i>bouture</i> de' francesi: in questo senso l'usa il Galliz, e molti altri toscani. Veder di sapere da Toscana che ne sia appunto. NB. Il ramicello >...< si chiama <i>tallo</i>, corrisp.e a bouture. Barbatella dovrebbe esser riserbato al tallo barbicato = bouture enracinée.
Aiutar la barca. Sovvenire il compagno in qualche suo affare. Salv. not. Fier. 4.a 3.° 2.a pag. 484.
Presentare la battaglia. Segn. Paneg. S.° Stef. II. Non udiste mai lo spavento che concepirono que' soldati, condotti già da Simone inclito capitano de' Maccabei, quand'essi giunsero a quel gonfio torrente che gl'impediva dal presentare la battaglia al nemico?
Magal. lett. fam. P. 1. lett. 17. pag. 273. Dissi batter la differenza da un <i>come</i> >.< a un <i>perchè</i>.
>Battere il fuoco. Così diciamo quando per accendere il fuoco si batte nella pietra focaia, sebbene non si batte il fuoco, ma la pietra. Min. not. al Malm. 4. 6.<
Caro, lett. al Varchi, 5. genn. 1533, t. 3, pag. 69: e pure ier l'altro mi disse che ancora egli aveva nuova che si portava bene, che gli scrivessi che attendesse a seguitare; che beato lui! queste parole precise. Varchi Ist. lib. 4.° pag. 96: e se ella (la rep. venez.), come fu prudentissimamente, e sinceramente governata, beata l'Italia.
Bega. Magal. lett. Scient. 19. Ed. Clas. 323. Il Ciel mi guardi ch'io volessi pigliare una bega colla signora contessa mia signora.
Altro >suo< uso in ironia, comunissimo. Fir. Trin. 5.° 1.a parvi egli che stia bene a un vostro pari, entrare in >una< casa d'una povera vedova, ch'ha la fanciulla da marito, a cotesto modo travestito? belle orrevolezze!
Magal. lett. fam. p. 1. lett. 18. pag. 286. ... nicchi che vengon dall'Indie, e in un assortimento dei quali si è arrivato a spendere i bei venti e trenta mila fiorini ...
Fir. Luc. 4. 5.a Oh, la sarebbe bella ch'io non andassi dove io ho a ire. >Modo usitatissimo< Senso usitatissimo anche in Lombardia.
Ben di Dio, vale cibi scelti e in abbondanza: un che sempre ingolla Del ben di Dio. Malm. 1. 6.
Bern. Or. In. 1. 7. 3. Un re, se vuole il suo debito fare, ... bisogna che sia servitore D'ognuno, e vegli, e non abbia mai bene.
Nè in bene nè in male. Aggiunto a parlare, e sim: vale: niente = Lasca 3.a cen. n. x. E mai più alla vita sua non fu sentito ragionare di Nepo nè in bene nè in male.
Ben essere, ottima aggiunta. Altro es.° del Vettori, Ulivi, Ed. Class. 114. Ammonisce qui Columella alcune cose accomodate o necessarie piuttosto al bene essere della pianta.
Probabilmente fatto coll'erba che si chiama <i>Benedetta</i>, geum urbanum, Lin. Da aggiugnersi, con tremila nomi di piante.
>Caro, lett. a M.r C. Tolomei, 20 giugno, 1544: Non so che< La definiz. del §. II. pare troppo speciale: benedetto si adopera anche in un certo senso più generale di lagnanza, o di disapprovazione, o d'incertezza e sim. Caro, lett. a M.r C. Tolomei, 20 giugno, 1544: Non so che mi dire di queste benedette lettere: l'ho pur date in mano al Monterchi. - E lett. a M. Luca Contile, 15 xbre 1547: È possibile che un galantuomo vostro pari sia tanto superstizioso in questo benedetto scrivere, che lo tenga per articolo necessario dell'amicizia. V. la giunta pma. (L)
Bestialità, astratto di bestiale §. Pros. Fior. 3.a 1. lett. 81. Magliab. non è al caso, nè per me, nè per V. S. I. mediante (voleva dire attesa) la bestialità del prezzo.
Fir. As. Cl. 216. giurava ... che m'aveva trovato solo e sciolto, e per guadagnarsi un beveraggio, mi aveva preso, per rimenarmene al mio padrone.
Bianco per pallido. >E dive< E di qui: Diventar bianco come un panno curato. Min. not. Malm. 5. 51. che i milanesi dicono come un panno lavato. P.S. Anche i toscani. V. Panno.
quae non aurificis statera, sed quadam populari trutina examinantur. Cic. de Or. II. 38.
Caro, lett. al Prevosto della Scala, 30 Marzo, 1566: ci bisogneriano ben >delle prelature e delle prevosture< delle prevosture, e delle prelature, e mmi farà dir de' cardinalati, a farmi credere ch'ella non sia lei. F. Il faudrait bien des ... Mse: ce ne vorrebbe delle etc.
Gelli. Capr. Bott. Rag. V. Tutte le lingue ... sono atte ad esprimere i concetti e i bisogni di coloro che le parlano.
Non aver bisogno, locuz.e che vale: non saper che fare d'una cosa, non ne volere, e sim. Varchi Suoc. 2. 1. (citato dalla Crusca a Vedere XVI.) Io non ho bisogno della nimicizia di persona, e di essere una sera sfregiata a vedere e non vedere, senza saper nè perchè nè per come ... Lat. Nihil morari aliquid. Francese: >Ne pas se soucier< Je ne me soucie pas de ...
Stare in sul bisticcio >voleva< richiedeva un §. a questa voce nel senso della locuz.e se pure non è andata in disuso. In milanese si dice tuttodì: stare in sul <i>beschizio</i>: ma significa stare in contegno, ingrugnato in sulle sue, far muso, dopo un alterco, o cosa che >altri< quegli si sia recato ad offesa. Tenir rancune, tenir rigueur.
Lasciarsi uscir di bocca. >.< Salv. P. T. Cic. 1. 92 (115): si lasciò uscire di bocca una orrenda bestemmia.
Varch. Erc. 1, 34: ... a coloro i quali, o sono veramente, o sono tenuti grandi, pare alcuna volta di poter dire tutto quello che vien loro non solo alla mente, ma nella bocca.
<i>Non ne sapere, non ne intendere una buccicata</i>: modi dell'uso vivente fiorentino.
>Che intende dunque il< Varchi St. XI, p. 430 = la carne di vitella ... 40 e 50 soldi la libbra, la boccina venti.
Non delle biade soltanto ma d'ogni cosa che vada male. Se però i compilatori avevano lasciato fuori questa locuz.e per amore della decenza, >la loro< l'ommissione era da imitarsi. Peccato che il §. III. e il IV. non lascin luogo a questa supposizione.
Bosco - Cecchi, Diss. 4.° 9.a dove ti par egli essere? in una città o in un bosco = locuz.e che vale: hai tu dimenticato ogni civil costume? e sim.
Bosco si dice quel frascato >che< dove i bachi da seta vanno a fare il bozzolo. Canovai, Elogio del Nozzolini: il verme già passato al bosco. = Giornale Agrario Toscano vol. 1. pag. 73. >cadono< ammalano a un tratto, non dormono, infradiciano, induriscono o cadono sotto il bosco. = Il Voc. pure pone a suo luogo la locuz.e andare al bosco (con una spiegazione invero poco esatta).
Disviare una bottega, metaf: vale rompere una consuetudine e sim: Caro, lett. al S.r Bergonzo, 1 genn. 1559: l'intento mio è distormene del tutto (da far versi) e che si sappia che me ne son distolto; per disviarne la bottega.
Bern. Cap. a fra Seb. Senza lui mi par esser senza un braccio. - Locuz.e viva anche nel milse.
Aver sulle braccia, vale avere alle sue spese, come avere sulle spalle, avere addosso. V. a questa voce, §. VIII.
Buon. Fier. 4.a 4.° 20 Di quei bravi a credenza. Not. Salv: che 'l danno a credere colle parole, e a' fatti son timidi come una cimice.
Fare il bravo addosso. Magal. lett. fam. 28.a 289. Voi pretendete il mondo ab eterno, e mi fate il bravo addosso con quel luogo dell'Ecclesiaste. - Equivale a: Fare il valentuomo addosso. V. Valentuomo.
Buon. Fier. III.a 9. Onde noi stamattina assai per tempo Per la più breve, di lungo le mura Andammo per trovargli. Per la più breve (strada) ellissi comunissima nell'uso.
Cuocersi nel suo brodo, vale starsene solo, o esser d'un parere diverso dal comune o simili. Rasenta quello dei milanesi: Star nel suo brodo. Malm. 10. 6. Fino ad ora s'è cotta nel suo brodo. V. Cuocere.
>Brucare §. II. La definizione: <i>Tor via</i> non quadra certo all'esempio di Dante. Il passo è tanto imbrogliato, che >arebbe difficile< senza pensarvi sopra e farvi studio non se ne può cavare un costrutto; ma <i>tor via</i> non va bene in nessun modo. Alla voce <i>Tregenda</i> il Voc. cita un altro es.° della Beca dove si trova questo verbo usato in metafora: Che mai vedesti più nuova faccenda: Ognun brucò ch'ella era la tregenda. Qui par che vaglia: congetturare, o sussurrare: e tanto questo come quel significato, o uno affine ad entrambi potrebbe accomodarsi a quel di Dante, e dargli un senso. Ma bisognerebbe pensarci: forse il voc. è ancor vivo nel contado fiorentino.<
La vetraia ... pare un sacco voto non d'altra guisa pendente che al bue faccia quella buccia vota che il pende dal petto al mento (sic). Bocc. Corbaccio, Ed. Parm. pag. 80.
A veder questo bugnone, vien subito in testa che possa esser fallo di copista, per <i>buscione</i>, e infatti, a questa voce, trovi >lo stesso es.° con le stesse parole a Fra Giord.< un es.° colle stesse parole a un dipresso.
Questa ripetizione del §. II. di Buono add. messo qui a sproposito salta tanto agli occhi che il proto lo doveva levare giacchè questo L. era stato tanto buono da ficcarcela.
Disse il paggio alla duchessa: il duca ragiona e ride con Benvenuto, ed è tutto in buona. Cell. Vit. Ed. Cl. t. 2. p. 304.
Poco di buono. Magal. lett. scient. 9.a Ed. Clas. p. 184. ... con mettere il naso nella bocca, era un incognito indistinto, come già vi ho detto, e di poco di buono.
Fir. As. Cl. 20. questi, disse, è il suo buon consigliere. Lasca, Gelosia. 5.° 8.a un'imbeccata delle buone.
Lasca, Sibilla 1. 1.a e ora la vorrebbe piuttosto far monaca che maritarla al dottore, senza considerare che i cinquecento ducati andrebbero alla ora sua, dove a questo modo di rimarranno a me, e saranno buoni in casa.
Tenersi buono d'una cosa. Caro, lett. al Salviati, 19. genn. 1566: E in ogni caso, la difesa che V. S. ne imprende, non può esser se non di gran laude e di grand'utile alla lingua. E per quella parte che tocca a me, io non posso se non tenermene buono. - Pare che valga, soddisfatto, e qualche cosa più: e sia il <i>tenersi di buono</i> dei milsi.
Caro, lett. a M.a L.a Battiferri, t. 2. pag. 469. Quanto al nome di maestro, io conosco che volete la burla. Ma battezzatemi come vi pare, che pur ch'io sia tenuto vostro, di questo, e d'ogn'altro nome che mi date >diate<, mi terrò buono.
IX. Fir. Luc. 1. 2.a Che fanno a me queste dipinture che non sono buone da mangiare?
met. ancora questa vi verrà busa. Annib. Caro. Lett. a Paolo. Manuzio 6 Feb. 1544. Bern. Orl. 1. 22. 1. Io ben sapeva che l'ambizione, E mille altri appetiti pazzi umani, Con questa fiera (l'avarizia) facendo quistione, I lor colpi eran tutti busi e vani.
Buon. Tanc. 4.° 1.a Per la ragnaia i' ho bussato a voto. - Qui <i>bussare</i> è propriamente il <i>battere les buissons</i> de' francesi. V. Scacciata
Qui son confusi due passi dell'Ambra: <i>Smarrita, come tu</i> è un pezzo di frase dei Bern. 2.° 7.a
Magal. lett. fam. 28.a pag. 476: Io so che le mie possessioni son le medesime che erano cent'anni sono ... per questo poss'io dire ch'elle mi buttino l'istesse rendite? - È notabile che >questo< <i>buttare</i> in questo senso si ritrovi in una metafora popolare del milanese: buttar buon conto; vale far buona riuscita e si dice dei giovani principalmente: è sinon. di Gittar buona ragione; modo usato dal Sacchetti, ora antiquato.
Buttarsi via: Uscir di contegno, operare avventatamente per passione. Caro, Lettera a la Sig.ra Lucia Bertana: Tutta Roma può far fede della mia molta pazienza, e della persecuzione insopportabile, che da quest'uomo e dai suoi m'è stata fatta: che ogni altro che me potrebbe avere indotto a buttarsi via per vendicarsene. V. Gettarsi via, a Gettare, XVIII.
>...< Caro, lett >.< a M. A. Gallo, 20 Agosto, 1553: Perché io le fo fede che si trovi (Michel Angelo) in tanta angustia d'essere in disgrazia di S. E. che questo solo saria cagione d'atterrarlo avanti al tempo.