MANZ.BRU. A.05. 154 [Postillato] Brusuglio, Villa Manzoni

1.

Pagina: 161

La più parte di queste voci son vive tuttavia, non che in Firenze, in tutta Italia: quelle che più non s’usano sono state scambiate da altre le quali non è possibile trovare una ragione al mondo perchè valgan meno di quelle prime. La dicitura [<i>su</i> locuzioni] poi è manifesto che non è [<i>su</i> sono] la più parte più di quel secolo che d’alcun altro: ma dell’autore; che in codesta forzata e contorta maniera non s’è parlato mai: dico che [<i>su</i> per] quello ch’ella ha di strano per noi, > ... < lo era anche allora di sicuro

2.

Pagina: 163

Ma se quella lor lingua non <di> aveva di suo proprio più di cento vocaboli e di trenta parlari, come diamine potevano eglino esser tacciati di <u>seguire una barbarie</u>? Tanto basta a imbarbarire una lingua?

3.

Pagina: 165

Nota: l’ordine del concetto: Ecco in embrione la dottrina ragionevole delle inversioni. Quanto al fatto, non ne fu mai detta una più grossa.

4.

Pagina: 168

Con che ragione adunque ha egli detto poco sopra (pag. 152) che ’l favellare che oggi s’usa in Firenze è meno significante … men bello … men puro che quel non era che si parlava e si scriveva dal medesimo popolo nel tempo del Boccaccio? La verità è che non sa quel che si dica: lasciando stare il <u>favellare che si parlava</u>.

5.

Pagina: 169

> ... ... <

6.

Pagina: 170

Ma qui non prova egli il contrario dell’assunto?

7.

Pagina: 212

< pare che avrebbe detto meglio quel che voleva dire; [...]: e non [...] forse [...] migliore >

8.

Pagina: 236

lasciamo stare le voci bolognesi, latinizzate dal Crescenzi.

9.

Pagina: 289

<[...] Il resto è, non dico, del tutto ragionevole, ma assai più presso alla ragione e al punto vero della questione di tutto quello che è stato detto in contrario>