MANZ.BRU. A.05. 154 [Postillato] Brusuglio, Villa Manzoni
La più parte di queste voci son vive tuttavia, non che in Firenze, in tutta Italia: quelle che più non s’usano sono state scambiate da altre le quali non è possibile trovare una ragione al mondo perchè valgan meno di quelle prime. La dicitura [<i>su</i> locuzioni] poi è manifesto che non è [<i>su</i> sono] la più parte più di quel secolo che d’alcun altro: ma dell’autore; che in codesta forzata e contorta maniera non s’è parlato mai: dico che [<i>su</i> per] quello ch’ella ha di strano per noi, > ... < lo era anche allora di sicuro
Ma se quella lor lingua non <di> aveva di suo proprio più di cento vocaboli e di trenta parlari, come diamine potevano eglino esser tacciati di <u>seguire una barbarie</u>? Tanto basta a imbarbarire una lingua?
Nota: l’ordine del concetto: Ecco in embrione la dottrina ragionevole delle inversioni. Quanto al fatto, non ne fu mai detta una più grossa.
Con che ragione adunque ha egli detto poco sopra (pag. 152) che ’l favellare che oggi s’usa in Firenze è meno significante … men bello … men puro che quel non era che si parlava e si scriveva dal medesimo popolo nel tempo del Boccaccio? La verità è che non sa quel che si dica: lasciando stare il <u>favellare che si parlava</u>.
< pare che avrebbe detto meglio quel che voleva dire; [...]: e non [...] forse [...] migliore >
<[...] Il resto è, non dico, del tutto ragionevole, ma assai più presso alla ragione e al punto vero della questione di tutto quello che è stato detto in contrario>