MANZ.BRU. D.05. 333 [Postillato] Brusuglio, Villa Manzoni
pag. 64. Come la lingua abbia preso buona forma escono in campo gli scrittori che l’abbelliscono e le dan grido.
La ragione è curiosa; come se il Villani traesse le parole e le frasi da uno storico suo antecessore perchè le trovava gentili e pure –
quale anima? qual che sia? No: poiché v’ha chi contraffà a codesto bello. Qual dunque? Se non si trova questo <u>quale</u> la regola è non solo <u>vaga</u>, ma inapplicabile. Se si trova; si esce del <u>vago</u>, e si trova altro.
Sicchè chi non è la vecchia Ateniese disperi non solo di poter acquistar codesta bellezza di lingua, ma di pur poterla conoscere. E qui troviamo gli altri Italiani citati come giudici della bellezza dello scrivere di quel secolo; il che va dirittamente contro a quel che dice Cicerone, e a quel che si dice di Teofrasto . Vedi il luogo di Cic., de Cl. or. 46. dove par che parli promiscuamente di stile e di pronunzia.
C. XI. Questo secolo del 300 … non s’è mai più veduto in viso Savini not. alla Perf. Poes. 2.83.
Dove è il trecento di grazia, perché se ne possa prendere la lingua? Non c’è più mi pare. - Ma c’è lo scrivere del Trecento. – Ah sì? Dunque uno scrivere è una lingua?