MANZ.BRU. A.03. 099 [Postillato] Brusuglio, Villa Manzoni
- Presentazione
Attraverso i dieci quesiti del dialogo (i primi tre esposti nel vol. I), Varchi costruisce una vera e propria teoria linguistica, tanto da potersi parlare addirittura di una sorta di linguistica generale ante litteram: vengono infatti toccate questioni come la natura delle lingue, la loro classificazione, il rapporto tra lingua e scrittori (è la prima a produrre i secondi, o viceversa) e la celebrazione del fiorentino (maxime nell’ultimo quesito, nel quale, contrariamente alla posizione di Trissino, Varchi conferma il primato della lingua di Firenze sulle altre varietà linguistiche toscane). Particolarmente significativo, nella prospettiva della riflessione linguistica manzoniana, è l’ottavo quesito, nel quale Varchi si chiede se la fonte migliore per imparare una lingua sia il popolo o gli scrittori. Ignorando «l’infima plebe, e la feccia del popolazzo», chi vuol imparare a parlare una lingua dovrebbe eleggere a propri maestri i parlanti colti.
- Descrizione della postillatura
Il trattato linguistico di Varchi offre a Manzoni diverso materiale, non solo per le postille alla Crusca (29 quelle che riportano citazioni dall’Ercolano, di 25 quelle tratte dal vol. I), ma anche per alcuni Appunti di lingua di cui sono rimasti lacerti collocabili agli anni tra la Seconda minuta e la Ventisettana. Un excerptum varchiano compare per esempio in alcune note sui Sinonimi (a proposito delle voci indirizzo e soprascritta): «Varchi, Ercol., 288: Crusca a Soprascritta: «Chiamava egli così messer Pietro Aretino o gliele scriveva nelle soprascritte delle lettere?” Ognun vede come “negli indirizzi” sonerebbe male. “Convien rifare la soprascritta, perchè l’indirizzo è fallato”; mi pare che si porrebbe dire» (e a una discettazione di simile tenore a proposito di tre vocaboli erroneamente ritenuti sinonimi da Varchi è del resto dedicata la postilla n. 4); una seconda citazione è presente invece in una sezione dedicata a: «Parole antiquate in un tempo, o notate di affettazione, e tornate nell’uso comune»: «Incoraggiare. Varchi, Erc. I, 149: “Rincorare, che Dante disse incorare, e gli antichi dicevano incoraggiare è fare o dare animo, cioè inanimare etc.”. Infatti gli es.i della Cr. Sono tutti del 300»; un’ultima citazione dal dialogo ricorre in un paragrafo dedicato alla prassi «di adoperare vocaboli significanti primitivamente astratto di qualità, abito, a significare un’azione, una qualità di fatto»: «Voc. Scempiezza. Astratto di Scempio. ‘Scempiaggine’ […] Varch., Ercol., 47: “Io non crederò mai che di bocca di Dante fossero uscite cotali scempiezze».
Il materiale linguistico offerto dal trattato varchiano, ricco di voci toscane e locuzioni colloquiali, trova inoltre significativo riscontro con la lingua del romanzo, a partire dalla fase redazionale della Seconda minuta.- Data della postillatura
1824-1827
- Strumento di scrittura
- penna; matita
- Lingua delle postille
- italiano
- Tipologia delle postille
- lingua
- Segni di lettura
- pp. 2, 23, 24, 25, 34, 126, 133, 141, 144, 173, 181, 184, 191, 217.
- Orecchie
- pp. 198, 202, 203, 208, 209, 212, 214, 216.
- Nota sui segni non verbali
I notabilia sottolineano locuzioni idiomatiche tipiche del registro medio, confluite poi sia tra le postille alla Crusca che nel romanzo.
- Bibliografia
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- PESTONI 1981 = Pestoni Cesarina, Preliminare informazione sulle raccolte manzoniane, in «Annali manzoniani», 6, 1981, pp. 59-223
- Fa parte di
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Varchi, Benedetto6-7: L'Ercolano dialogo di messer Benedetto Varchi nel quale si ragiona delle lingue, ed in particolare della toscana e della fiorentina. Volume primo [-secondo] [Postillato]
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- Esemplari dello stesso insieme
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MANZ.BRU. A.03. 0991 [Postillato]
- 2 [Postillato]
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