MANZ. 15. 0011 [Postillato] Milano, Biblioteca Nazionale Braidense
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è p. III., II.
Il rimando si riferisce a un passo seguente (Parte III, par. 2, p. 87), evidenziato con barra verticale sul mg dx: «Ma se una nazione separata in diverse province, senza una capitale ch’eserciti veruna giurisdizione monarchica sopra le altre, avrà un dialetto principale e una lingua comune, l’uso anche generale del dialetto primario non potrà dirsi universale, né per conseguenza aver forza di legge, se non quando resti autorizzato dal consenso della nazione, e accolto dalla lingua comune».
A questo passo Manzoni fa esplicito riferimento (citando la fonte in nota) in un passaggio del Sentir messa : «Un altro invece negò risolutamente che l'idioma toscano sia, nè debba essere la lingua d'Italia; volle bensì che fosse il dialetto dominante, principale, primario. E non s'avvide che nelle cose dove l'unità è condizione essenziale, a cui si dà le prime parti, si dà il tutto; non pose mente che l'Uso dovendo essere uno, non c'è luogo al secondo nè al terzo, che sarebber più Usi, cioè più lingue, o piuttosto una confusione e una zuffa di lingue. E a quel dialetto contrappose poi una che chiamò lingua comune; non ponendo mente anche quivi che, se una tal lingua c'è, e dovunque una lingua sia, non ci può esser fuori di essa e ripetto ad essa nulla di predominante, di principale, di primario. Abbiam detto: fuori d'essa; poichè, se s'avesse a intendere che questo dialetto sia parte della lingua comune, e gli altri con esso, come si potrebbe mai chiamar lingua una somma, una congerie di dialetti?» (STELLA-VITALE 2000A, p. 201. Cfr. qui postilla 2).