MANZ. 11. 0099 [Postillato] Milano, Biblioteca Nazionale Braidense
- Osservazioni sull'esemplare
Legatura in mezza pelle e carta marmorizzata. La rilegatura ha causato lieve danno alle postille.
- Presentazione
L’opera di Georg Friedrich Christof von Waltershausen Sartorius, professore di Gottinga, vincitore del concorso bandito dall’Institut de Flance (su evidente godette di certa fortuna, se è vero che nel 1820 comparve la traduzione italiana.
La lettura dell’opera da parte del Manzoni si situa a monte degli interessi per la storia dei Longobardi. Terminus ante quem il 17 ottobre del 1820, data in cui comunicava al Fauriel il soggetto della sua nuova tragedia. È più che probabile che il volume fosse stato acquistato nel soggiorno francese, quando già doveva essersi accentuato l’interesse per la storia del Medioevo: e fosse anzi stato suggerito dal Fauriel nell’atto stesso in cui indicava un soggetto di sicuro interesse: Adolphe (e cioè Ataulfo) re dei Visigoti, figura molto cara al Fauriel che, con ogni probabilità, aveva in prima persona suggerito il tema del concorso indetto dall’Institut de France, e che avrebbe dedicato ad Ataulfo, molti anni più tardi, alcune importanti pagine della sua Histoire de la Gaule (1836). L’interesse per il tema, più che l’effettiva considerazione per l’opera, doveva avere spinto il Fauriel ad suggerire quell’indicazione bibliografica all’amico milanese: anche se alcuni spunti, come la considerazione sulla dignità dei popoli sottomessi, sembrano suggerire tangenze significative. Ed è probabile che la sua lettura potesse quanto meno introdurlo ad uno dei temi di fondo del Discorso sui Longobardi: lo «stato politico della massa degli Italiani, superiori certamente, e d’assai in numero alla nazione conquistatrice».
L’opera del Sartorius si colloca agli albori della nuova storiografia francese, negli anni in cui Joseph Naudet scriveva la sua Histoire de l’établissement, des progrès et de la décadence de la monarchie des Goths en Italie (1811): ma la fama di quest’ultimo durò, quella dello storico tedesco, che ne anticipa i temi, fu presto oscurata (e di lui non restano altre opere significative). Il Manzoni pronuncia su questa indagine nuova, condotta tuttavia senza il necessario rinnovamento di prospettiva (quello che sarà apportato dalla generazione dei nuovi storici: il Thiers, il Guizot, il Mignet e i Thierry) un severo, ineccepibile giudizio critico.
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