MANZ. 15. 0037 [Postillato] Milano, Biblioteca Nazionale Braidense
XXI
Sì, se questa nazione abbia una lingua sola
Luogo dell'opera: Lettera dedicatoria di Vincenzo Monti Al signor Marchese D. Gian Giacomo Trivulzio
Termine o passo postillato: La lingua è università di parole; e definita più largamente è la totalità delle voci di cui una nazione fa uso per esprimere i suoi concetti. Quindi il valor de’ vocaboli debb’essere universale, o sia a tutti comune; e comune non sarà mai se gli manca il consenso della nazione: altrimenti sarà vocabolo particolare, vocabolo municipale, in somma, nulla più che idiotismo.
XXXVIII
il prodigio è naturale infatti: nasce dall’essere la lingua toscana ricevuta e più o meno studiata in tutta Italia, da secoli: sicchè ognuno comprende meglio d’ogni altra cosa il suo dialetto perché lo sente e lo adopera di continuo: poi comprende più o meno il toscano, perchè ne sente più o meno, dal curato, dal maestro comunale etc. Gli altri dialetti gli riescon barbari, perché nessuno glieli parla.
Sul mg sin, barra verticale accanto alle righe “Fiorentina, non Sanese, non Pistojese, ma Italiana, perché Italia tutta l’adopera, e tutti per un certo”
Luogo dell'opera: Lettera dedicatoria di Vincenzo Monti Al signor Marchese D. Gian Giacomo Trivulzio
Termine o passo postillato: Perciò fino dalla prima compilazione fu detto che il Vocabolario della Crusca non era italiano, ma fiorentino. Con le quali arti si venne a costituire come lingua della sola Toscana anche quella gran parte che, conformemente alle dantesche dottrine (tanto più luminose, quanto più combattute), è lingua comune a tutta l’Italia; […] lingua che in mezzo a tanti dialetti è la sola per cui veniamo ad intenderci fra di noi, e si toglie che a brevi distanze non diventiamo gli uni agli altri popolo forestiero, ma seguitiamo a dispetto della fortuna ad essere pur sempre famiglia tutta italiana; lingua in somma che dall’uom di lettere fino all’uom di bottega, dalla matrona fino alla sgualdrinella è la sola per cui impariamo l’arte di scrivere, la sola a cui consegniamo i nostri pensieri; quindi lingua non Fiorentina, non Sanese, non Pistojese, ma Italiana, perché Italia tutta l’adopera, e tutti per un certo naturale prodigio senza porvi studio veruno la comprendiamo: mentre per lo contrario se parleremo ciascuno i diversi nostri dialetti, il Genovese sarà barbaro al Milanese, a questi barbaro il Romagnuolo, al Romagnuolo barbaro il Veneziano, al Veneziano il Napoletano, e via discorrendo.
XXXIX
v. la nota alla pag. XLI
Nella stessa pagina XXXIX si concentrano tre postille: la postilla 3 e la postilla 4, rispettivamente collocate sul margine sin. e dx. della pagina, sono riferite alle parole sottolineate; la postilla 5 è riferita al Corollario I. Le penne differenti sembrano suggerire che la postilla 3 e le parole finali della postilla 5 siano state inserite in un momento successivo.
Luogo dell'opera: Lettera dedicatoria di Vincenzo Monti Al signor Marchese D. Gian Giacomo Trivulzio
Termine o passo postillato: perciocchè il bello scrivere, giova il ripeterlo, non è natura, ma arte
XXXIX
oh diavolo! la lingua latina non era ella natia ai romani? e non erano essi forzati a studiarla se volevano adoperarla in tutto rettamente?
Nella stessa pagina XXXIX si concentrano tre postille: la postilla 3 e la postilla 4, rispettivamente collocate sul margine sin. e dx. della pagina, sono riferite alle parole sottolineate; la postilla 5 è riferita al Corollario I. Le penne differenti sembrano suggerire che la postilla 3 e le parole finali della postilla 5 siano state inserite in un momento successivo.
Luogo dell'opera: Lettera dedicatoria di Vincenzo Monti Al signor Marchese D. Gian Giacomo Trivulzio
Termine o passo postillato: Ma il Toscano medesimo, se ama di scrivere la casta lingua corretta, che fa immortale il pensiero e trae gli uomini dal sepolcro. È forzato anch’esso a studiarla (tanto è lungi ch’ella gli sia tutta natia): perciocchè il bello scrivere, giova il ripeterlo, non è natura, ma arte. E qualunque Toscano si fiderà della sola favella pigliata dalla nutrice, scriverà eternamente male, malissimo: con tanto maggior suo carico, quanto è men dura ad esso che a noi la fatica dell’impararla.
XXXIX
Ha mestieri non c’è dubbio; ma l’averla di fatto è altra cosa, ed è la questione
Nella stessa pagina XXXIX si concentrano tre postille: la postilla 3 e la postilla 4, rispettivamente collocate sul margine sin. e dx. della pagina, sono riferite alle parole sottolineate; la postilla 5 è riferita al Corollario I. Le penne differenti sembrano suggerire che la postilla 3 e le parole finali della postilla 5 siano state inserite in un momento successivo.
Il passo di Monti cui questa postilla si riferisce è citato nel Sentir messa, dove segue il commento: «Dove si scorge pure addirittura che non dalla ragion perpetua e generale e necessaria delle lingue vuol l’autore ricavare le leggi della sua, ma dalle circostanze speciali d’una nazione. E dicendo ch’ella “ha mestieri d’un linguaggio a tutti comune”, viene a dire che non lo ha naturalmente. Si ha dunque a trattare del come lo acquisti; e la prima condizione è che sia un linguaggio, una lingua vera» (STELLA-VITALE 2000A, pp. 219-20)
Luogo dell'opera: L ettera dedicatoria di Vincenzo Monti Al signor Marchese D. Gian Giacomo Trivulzio
Termine o passo postillato: Corollario I. Una nazione di molti governi e molti dialetti, acciocchè i suoi individui s’intendano fra di loro, ha mestieri d’un linguaggio a tutti comune.
XL
Stabilita? Che le lingue si stabiliscono? Le lingue sono: e un linguaggio scritto è l’adoperamento <u>parziale</u> d’una <u>lingua: non è nè sarà in eterno una lingua</u>
Sul mg dx, accanto alla riga «o si toglie tal quale dalla bocca del popolo», crocetta ms. con la stessa penna della postilla.
Luogo dell'opera: Lettera dedicatoria di Vincenzo Monti Al signor Marchese D. Gian Giacomo Trivulzio
Termine o passo postillato: Stabilita questa pubblica lingua, tutte le nozioni della dispersa famiglia diventano permanenti, le distanze spariscono, i luoghi si toccano, e su tutti i punti della nazione si trova un regolato e sicuro modo d’intendersi: al quale importantissimo scopo è cosa impossibile il pervenire col mezzo di qual si sia dialetto: chè un dialetto, per quanto sia migliore degli altri, è sempre dialetto, ed ha sempre in sé molte cose che non sono di comune proprietà: tutta moneta cui publica forma non est, e quindi fuori di corso.
XLI
Non conobbero que due gran barbassori con quanta sapienza gli aveva Dante avvertiti nel Convivio che <u>lo latino seguita arte</u> e lo bello volgare seguita uso. Vol II. 8. I. VI
Luogo dell'opera: Lettera dedicatoria di Vincenzo Monti Al signor Marchese D. Gian Giacomo Trivulzio
Termine o passo postillato: Questo dialetto di supposta miglior condizione, o si toglie tal quale dalla bocca del popolo, e sarà sempre linguaggio sciolto da tutte le leggi gramaticali: o si toglie dalla bocca dei dotti e dai libri, e allora cesserà di essere semplice dialetto e diventerà lingua di arte, lingua di studio, lingua scritta, a dir breve, tanto dissimile dalla parlata, quanto dall’oro greggio della miniera il puro oro che splende su le corone dei re.
XLIII
C’è qui un errore di logica singolarissimo. Se il vocabolario nazionale è la raccolta di tutti i vocaboli ben usati dalla nazione, e intesi d’uno stesso modo da tutti, non c’è una ragione al mondo perché i toscani più che gli altri abbiano ad essere i presidenti e la testa. Il loro dialetto partecipa più degli altri della lingua, che s’ha a porre nel vocab[olari]o. Che importa? Non è questa una ragione perché conoscano quello che nel loro dialetto c’è di comune di universale. E siccome questa è (secondo l’aut.) la condizione dei vocaboli da ammettersi, e questa condizione non può esser riconosciuta che da tutti, è mestieri che tutti siano presidenti e testa.
Luogo dell'opera: Lettera dedicatoria di Vincenzo Monti Al signor Marchese D. Gian Giacomo Trivulzio
Termine o passo postillato: Egli è vero però che il dialetto toscano più largamente che gli altri partecipa della lingua comune ed illustre, la quale come spirito universale per tutte le favelle particolari d’Italia penetra e discorre (Gra. Rag. Poet.l.II). Dunque i Toscani sono quelli che meglio di tutti possono e deggiono contribuire alla formazione dell’universale Vocabolario Italiano, ed esserne presidenti.
XLIV
Nuove?
Accanto alla postilla si trova una manina che punta verso il testo
Luogo dell'opera: Lettera dedicatoria di Vincenzo Monti Al signor Marchese D. Gian Giacomo Trivulzio
Termine o passo postillato: Nulladimeno io penso che s’abbiano a lodar gli Accademici dell’averne [parole] usate molte di nuove
11
V a pag. 28
Alla p. 28, una postilla rimanda alla p. 11 (cfr. postilla 13). Il collegamento stabilito dalle postille è utilizzato in una nota del Sentir messa (Stella-Vitale 2000A, pp. 190-91) dove si evidenzia la contraddizione tra le due affermazioni di Perticari.
Luogo dell'opera: Perticari, Degli scrittori del Trecento e dei loro imitatori, Libro primo, capitolo III, Dell’opinione di Dante intorno gli scrittori del 300
Termine o passo postillato: Perché altro sono le parole, altro le grammatiche delle lingue: e quegl’idioti [gli ignoranti o plebei] parole avevano, ma non arte di bene collegarle senza errare giammai: non quel fino accorgimento onde reggonsi le sintassi: non metodi per isfuggir solecismi, barbarismi ed equivoci: non grammatica in somma; che ella è lavoro e peso da braccia più robuste: e in tutte le antiche e le novelle nazioni vuolsi ordinarla non sui perpetui mutamenti popolari, ma sugli eterni volumi de’ grandi oratori, de’ filosofi e de’ poeti: perciocchè virtù non è mai a caso ma sempre e a bell’arte.
12
Pare impossibile!
La postilla si colloca accanto alle righe «Parranno forse aspre ad alcuno: ma non per ciò dovremo allontanarci da quelle dottrine che altamente si fondano in ragione ed in filosofia».
Luogo dell'opera: Perticari, Degli scrittori del Trecento e dei loro imitatori, Libro primo, capitolo III, Dell’opinione di Dante intorno gli scrittori del 300
Termine o passo postillato: E per ciò l’Alighieri seguita dicendo nel suo libro: «che l’illustre volgare ch’egli fondò e divise dal plebeo, ricercava uomini illustri, e simiglianti la natura d’esso volgare: perché seguiva la condizione de’ costumi e delle vesti e dell’arme. E come la grande magnificenza ricerca i potenti: la porpora i nobili: e come gli ottimi scudi e cavalli si convengono a’ soldati ottimi, così il buon volgare vuole uomini sottili e sapienti, e ogni altra minuta gente guarda e dispregia.» Così Dante: e tali sentenze a noi sembra degnissimo che Dante le scrivesse, e che i posteri le rammentino. Parranno forse aspre ad alcuno: ma non per ciò dovremo allontanarci da quelle dottrine che altamente si fondano in ragione ed in filosofia. Che anzi esaminando un poco queste vecchie scritture cercheremo perché tanto rigidamente fossero condannate da quel grande e primo conoscitore della nostra favella. Che se dopo ciò alcuno si ostinasse a crederci in fallo, sappia che a noi non giova lo errare in compagnia del sacro Dante, creatore di tanta maraviglia quanta è quel suo poema immortale.
13
e questo è “ne’ vocaboli o nelle locuzioni simigliar la plebe? V. V 10 – questo è “impazzar colla plebe?”
Le citazioni si riferiscono a un passo di poco precedente, che cita il De vulgari eloquentia: «Cessino i seguaci della ignoranza che estolleno Guittone d’Arezzo, ed alcuni altri i quali sogliono sempre ne’Vocaboli e nelle Costruzioni simigliar la Plebe. […] anche gli uomini più famosi sono in questa arroganza: che impazzano co’plebei» (p. 10).
Luogo dell'opera: Perticari, Degli scrittori del Trecento e dei loro imitatori, Libro primo, capitolo IV, Dello stile di Guittone. Di Brunetto, di Jacopone, e del testimonio di Franco Sacchetti
Termine o passo postillato: [passo di Guittone:] L’anima gaude mia in nova e magna grazia, che esso pieno di grazia, onde grazie ogne audo a voi fatte e per voi a catun che prendere grazie vuole. Grazie hae fatto voi il corpo vostro piagando, e affriggendo: esso hae fatto e voi ricevuto avete gradivamente. E che dire egli è questo? Non ci pare costui un Unno o un Goto di que’primi che sovra i carri colle mogli e co’figli passarono l’Alpe, e recarono la scarmigliata loro grammatica nel bel paese latino?
28
pure pag. 11 dove dice: non grammatica insomma: con quel che precede e con quel che segue
Alla p. 11, una postilla rimanda a p. 28 (cfr. postilla 10). Il collegamento stabilito dalle postille è utilizzato in una nota del Sentir messa (Stella-Vitale 2000A, pp. 190-91) dove si evidenzia la contraddizione tra le due affermazioni di Perticari.
Luogo dell'opera: Perticari, Degli scrittori del Trecento e dei loro imitatori, Libro primo, capitolo VI, Del volgare plebeo che ne’bassi tempi si parò e non si scrisse
Termine o passo postillato: Che se quella [lingua latina] fosse parlata, conserverebbe almeno una medesima uniformità: sarebbe uguale nelle sintassi e nelle terminazioni: e gli stessi errori si vedrebbero e in tutti e sempre. Il che veggiamo pure accadere, quando alcuno scrive ne’viventi dialetti plebei: e il Milanese, il Romano, il Viniziano, il Fiorentino hanno ognuno di loro e voci e costrutti e conjugazioni costanti, che scritte da cento autori mostrano sempre la medesima faccia: essendo questa la natura d’ogni più stranio ed indocile dialetto che si parli così fra’ ghiacci de’ Lapponi, come per le arene dell’Etiopia.
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non ha veduto la sola cagione importante
Luogo dell'opera: Perticari, Degli scrittori del Trecento e dei loro imitatori, Libro primo, capitolo VI, Del volgare plebeo che ne’bassi tempi si parò e non si scrisse
Termine o passo postillato: Che se alcuni li [dialetti di solito non scritti] vanno adoperando talora per le città più famose, lo fanno o per fastidio del volgare illustre, o per lascivia d’ingegno, o per vaghezza d’imitare il popolo, o per adulare gli uomini delle loro patrie
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il <u>non già</i> così assolutamente posto nega cosa che è; il sì bene afferma cosa che rovina tutto il suo sistema
Luogo dell'opera: Perticari, Degli scrittori del Trecento e dei loro imitatori, Libro primo, capitolo VII, Del volgar plebeo passato in lingua romanza
Termine o passo postillato: Perché non già chi scrive insegna le parole ai popoli: ma sì bene i popoli le prestano a chi le scrive
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Chi aveva paura dell’Italia? I conquistati o i conquistatori? I Galli, o i Franchi, etc.? Questo è proprio parlare a caso - il plebeo linguaggio era egli uno?
Il seguito della postilla è cancellato con ghirigori sovrascritti.
Luogo dell'opera: Perticari, Degli scrittori del Trecento e dei loro imitatori, Libro primo, capitolo VII, Del volgar plebeo passato in lingua romanza
Termine o passo postillato: Ecco dunque che la lingua plebea sotto il titolo di Romanza ebbe quasi balia in Francia, in Ispagna e in larga parte d’Europa; perché già tutti quegli Europei, benchè sciolti dal nostro giogo, avranno avuto ancora sempre l’occhio all’Italia, per la memoria, per l’abitudine, ed anco per la paura della passata lunghissima schiavitù. Per tali vicende il plebeo linguaggio incominciò a prendere atto e condizione d’illustre: e principalmente quando intorno al mille, cacciati i barbari, molte città cominciarono a reggersi a popolo: e allargata alquanto la frequenza de’pubblici parlamenti, rientrammo nell’abbandonato sentiero della vita civile.
37
un uomo fondare una favella!
Cfr. postilla 19
Luogo dell'opera: Perticari, Degli scrittori del Trecento e dei loro imitatori, Libro primo, capitolo VIII, Della fondazione della lingua italica illustre divisa da tutti i volgari plebei
Termine o passo postillato: allora diremo ch’ei [Dante] fondasse la favella Italica
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mutabili sono tutte le dizioni di tutte le lingue: la ragione vera ed unica di rigettar queste, è l’essercene altre che significano il medesimo, e l’esser quest’altre più innanzi nell’<u>Uso</u>
Luogo dell'opera: Perticari, Degli scrittori del Trecento e dei loro imitatori, Libro primo, capitolo XI, Delle voci plebee equivoche del 300
Termine o passo postillato: Perché queste dizioni sono mutabili, e non hanno altro fondamento che il ghiribizzo di quelli che tra loro ne fermano i significati.
81
Quando l’Alighieri scrisse il poema con parole tolte a tutti i dial d’It… allora diremo ch’ei fondasse la favella italica p 37
La postilla trascrive un passo dalla p. 37 (a sua volta postillato, cfr postilla 17)
Luogo dell'opera: Perticari, Degli scrittori del Trecento e dei loro imitatori, Libro primo, capitolo XIII, Come Dante non istimò perfezionata la lingua del suo secolo: e com’egli stesso colle parole de’suoi libri risponda a molte false opinioni de’ posteri
Termine o passo postillato: Aggiungeremo soltanto ch’egli [Dante] non credeva che quel grande edificio della favella alzato per la mano di tutti gl’Italiani fosse giunto al suo colmo in quel secolo.
87
Nota, per incidente, che Quint. intende gli eruditi fra una popolazione che parli una sola favella
Luogo dell'opera: Perticari, Degli scrittori del Trecento e dei loro imitatori, Libro primo, capitolo XV, Come sia falso il dire, che tutti nel 300 parlassero correttamente
Termine o passo postillato: Adunque diremo consuetudine della favella il solo consenso degli eruditi, siccome esempio del buon vivere è la sola vita dei buoni. [La frase conclude la citazione di un passo di Quintiliano]
138
Il quale, a detta del Boccaccio, era fiorentin volgare
Luogo dell'opera: Perticari, Degli scrittori del Trecento e dei loro imitatori, Libro secondo, capitolo VI, Delle varie condizioni delle opere del 300: poi del Boccaccio e delle sue costruzioni
Termine o passo postillato: E il Filocolo, e la Fiammetta, e il Labirinto, e l’Ameto vorremmo condannare soltanto in quelle cose che si allontanano dal vero e sano stile del Decamerone; talchè diremo in quelle il Boccaccio vedersi dal Boccaccio medesimo censurato.