Lettera n. 18
- Mittente
- Manzoni, Alessandro
- Destinatario
- Pagani, Giovan Battista
- Data
- 14 settembre 1806 (14 7.bre 1806.)
- Luogo di partenza
- Parigi
- Luogo di arrivo
- Brescia
- Lingua
- italiano
- Incipit
- M'hai tu dimenticato davvero?
- Regesto
Manzoni confessa il proprio dispiacere per la malattia dell'amico Luigi Arese; lamenta di non avere ricevuto i compensi per l'edizione di In morte di Carlo Imbonati e prega il Pagani di intercedere presso il libraio Sonzogno. Riferisce di aver letto l'articolo del 24 maggio sulle Effemeridi letterarie di Roma ricco di elogi del carme.
- Testimoni
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(originale)
Brescia, Biblioteca civica Queriniana,
Autografi Aut. 7.fasc.IV.6
(Fotografia dell'autografo conservato alla Queriniana: Milano, Biblioteca del Centro nazionale di studi manzoniani, B 12)
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(originale)
Brescia, Biblioteca civica Queriniana,
Autografi Aut. 7.fasc.IV.6
- Edizioni
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- GALLIA 1875, p. 95 (parziale).
- ROMUSSI 1878, p. 69.
- SFORZA 1882-1883, vol. I, p. 25.
- SFORZA 1912-1921, vol. I, p. 58.
- ARIETI-ISELLA 1986, lettera n. 18, vol. I, pp. 27-29, note alle pp. 714-715.
- PIONNA 2011, pp. 71-73.
- CARTEGGI LETTERARI 2016, lettera n. 15, pp. 50-53, note alle pp. 53-55.
- Opere citate
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Ho vergogna di dirti che dopo i versi stampati, non ne ho fatto più uno: ora però voglio mettermi il capo fra le mani, e lavorare, massime che mia madre non ha mai lasciato di punzecchiarmi perché io cacci la mia pigrizia.
Approposito di versi, devo parlarti d'un affare che mi è a cuore assai assai, e che in conseguenza premerà anche a te. Io non ho avuto dal librajo un soldo per l'edizione; e mi son messo in puntiglio di non rilasciargli niente niente, perchè non voglio essere il zimbello di nessuno, e massime d'un librajo. La sua renitenza o noncuranza è veramente stomachevole. Né ha alcuno appiglio per eludere | le mie inchieste, e per evitare di rendermi il mio. Perché: o le copie sono vendute, e mi dia il danaro: o sono invendute, e me le renda. Arese si era impegnato di parlargli: rispose ch'egli aveva ottocento copie non vendute; io scrissi a Zinammi quello che doveva fargli dire da Arese, ma il povero Arese cadde malato. Ecco la mia risposta: rendere al Sig.r Zinammi (procur[ator]e di mia madre) il prezzo delle 200. vendute, e le ottocento copie invendute. E veramente mi fa maraviglia che il numero di quelle che sono in bottega sia così grande, non già perché io credessi che dovessero aver grande spaccio (giacché v'è un ostacolo a ciò, non so se per colpa dell'opera o dei lettori) ma perché tu m'avevi annunciato che si vendevano a furia. Come tu facesti il negozio col librajo, così spero che vorrai ora ridurlo a fine, e te ne prego caldamente. Ho veduto su un giornale di Roma un giudizio di quei versi con una lode tanto esaggerata, che non ardisco riportarla.